Con decreto 3632/DG del 21 novembre 2019 l’assessore alle Attività produttive Girolamo Turano ha emanato le disposizioni che disciplinano l’iscrizione e la tenuta del Registro regionale delle cooperative di comunità, in attuazione dell’art. 5 della legge regionale n. 25 del 27 dicembre 2018, “Norme per la promozione, il sostegno e lo sviluppo delle cooperative di comunità nel territorio siciliano”.
A distanza di un anno dall’approvazione all’Ars della legge che le ha istituite, il governo regionale ha stabilito le norme per l’iscrizione al registro che consente di ottenere il riconoscimento come cooperative di comunità in Sicilia. La legge 25/2018 riconosce all'art. 6 "il rilevante valore sociale e la finalità pubblica della cooperazione in generale e delle cooperative di comunità in particolare", agevolando "attraverso gli enti locali, la partecipazione delle cooperative di comunità all'esercizio di funzioni pubbliche, promuovendo le capacità progettuali e imprenditoriali delle cooperative medesime".
“Il movimento cooperativo naturalmente accoglie con favore la regolamentazione del Registro regionale che istituzionalizza la presenza anche in Sicilia delle cooperative di comunità. Sull’esempio di modelli virtuosi e consolidate sperimentazioni condotte in altre Regioni, le imprese di comunità possono essere una risposta efficace ad estreme situazioni di criticità quali servizi pubblici inadeguati, degrado e progressivo spopolamento”, afferma Michele Cappadona, presidente regionale dell’Associazione generale delle cooperative italiane. ”Dispiace però l’assenza di concertazione con il governo regionale, vista la delicatezza e la portata strategica di questo modello di innovazione sociale dove i cittadini in prima persona sono produttori e fruitori di beni e servizi, estendendo e collegando a specifiche realtà territoriali le naturali esigenze di mutualità. Nonostante la costante manifestazione di disponibilità al dialogo di AGCI Sicilia, il regolamento emanato dall’assessore Turano ci viene ‘calato dall’alto’, presentando delle evidenti difficoltà d’immediata lettura, a differenza di regolamenti emanati da altre Regioni. L’articolo 4 infatti - prosegue Cappadona - invece di esprimere direttamente quali siano i requisiti che devono possedere le cooperative, persiste nella pessima e inopportuna abitudine tipica del burocratese di farcire le norme di eccessivi continui rimandi a normative precedenti. Con il risultato che proprio gli attori che si individuano come destinatari del provvedimento, i cittadini-cooperatori sono costretti a ricorrere ad un consulente legale o commercialista solo per capire di cosa si stia parlando. Per giunta, a confermare quanto detto, l’ultima riga dell’articolo 4, comma 1, lettera c, prevede che in effetti possa essere necessario uno specifico, ulteriore, provvedimento che individui quali siano esplicitamente i comuni interessati. Infine, la regolamentazione del Registro, che giunge dopo un anno e non entro i 60 giorni previsti dalla legge 25/2018, comunque non consente l'accesso alle misure agevolative previste, poichè non è stata assegnata finora alcuna risorsa economica dal governo Musumeci. Auspichiamo", conclude Cappadona, "che questo modus operandi cambi e che l’assessore Turano apra un dialogo con le imprese direttamente interessate a questo innovativo settore”.
Presentato a Catania il ddl nazionale sulle imprese di comunità
Quasi contemporaneamente all’emanazione della regolamentazione in Sicilia, il 30 novembre a Catania, la senatrice Tiziana Drago ha organizzato il convegno dal titolo “Imprese di comunità e nuovi modelli di welfare locale”, in cui è stato presentato un disegno di legge nazionale che finalmente si occupa di stabilire delle competenze da parte dello Stato per disciplinare e promuovere il settore. Le norme esistenti, infatti, sono state finora provvedimenti regionali, adottati con interventi di varia natura. Puglia, Liguria, Abruzzo, ad esempio, hanno approvato delle leggi specifiche mentre altre, Basilicata, Emilia Romagna, Lombardia, Toscana, hanno inserito disposizioni dedicate nel contesto delle leggi regionali sulla cooperazione.
Il disegno di legge presentato a Catania, a prima firma del senatore Emiliano Fenu, introdurrà importanti novità in merito alla legislazione delle imprese di comunità. Al convegno erano presenti anche Steni Di Piazza (sottosegretario Ministero del lavoro e delle politiche sociali), Angela Foti (deputata all’Ars M5S, promotrice della legge regionale 25/2018).
L’esempio virtuoso della prima cooperativa di comunità in Italia, la “Valle dei Cavalieri” a Succiso (Reggio Emilia), viene studiato da ricercatori provenienti da tutto il mondo. Modello di best practices che ora è possibile cominciare a sviluppare anche in Sicilia.
“Quello appena presentato a Catania”, ha dichiarato il sottosegretario alle Politiche Sociali Steni Di Piazza, “è un disegno di legge utile per costruire e rafforzare un terzo pilastro che ci piace chiamare comunità. Vogliamo valorizzare tutte quelle belle esperienze sociali di imprese che utilizzano il profitto per crescere e per restituirlo alla propria comunità. Se in Sicilia riuscissimo a promuovere le imprese di comunità, anche con agevolazioni come defiscalizzazione e decontribuzione, potremo creare le condizioni affinché i nostri ragazzi possano scegliere di scommettere su questa terra, senza dover necessariamente emigrare”.
“La proposta di legge – ha detto il senatore Emiliano Fenu – mira innanzitutto a introdurre nel codice delle imprese sociali la definizione di impresa di comunità e a definire e ad ampliare le attività che possono essere svolte. In particolare, per la Sicilia, abbiamo studiato di inserire le imprese di comunità nel numero di attività che possono avere la prelazione e i requisiti per la gestione dei beni confiscati alla mafia”.
La deputata regionale Angela Foti ha ripercorso l’iter dell’approvazione della legge regionale: “L’impresa sociale è un tema che mi sta particolarmente a cuore. Sono promotrice della legge regionale 25 del 2018, che offre uno strumento operativo che definisce i compiti, i fini e i criteri operativi per l’iscrizione nell’albo siciliano di chi fa impresa. Un’impresa i cui benefici si riverberano sulla società: uno strumento per offrire lavoro e per far rimanere i siciliani nella propria terra”.
“Una legge sull’impresa di comunità” ha concluso la senatrice Tiziana Drago, “ha una valenza notevole nell’ambito del sistema di famiglia. Proprio la famiglia rappresenta, in piccolo, un vero e proprio prototipo di impresa che produce beni e servizi. Economia, infatti, significa etimologicamente “gestione della famiglia”. Quanto più una famiglia è nelle condizioni migliori e serene tanto più sarà nelle migliori condizioni per produrre 'relazioni' che sono dei beni immateriali ma fondamentali”.