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Una formula di sviluppo sostenibile per cambiare l’Italia che porti il Pil a +2% in tre anni, promossa dalle più grandi organizzazioni delle imprese cooperative, agricole, industriali.

Il futuro è la “buona impresa”, il soggetto che in termini culturali e sociali può contribuire a promuovere una nuova stagione di crescita, correggendo le deformazioni dell’economia ed imboccando la strada di uno sviluppo sostenibile.
È questo l’assunto alla base del manifesto “La buona impresa: valori e proposte per l’economia italiana”, sottoscritto dai Presidenti di Alleanza delle Cooperative Italiane, Mauro Lusetti; Confindustria, Vincenzo Boccia; CIA agricoltori italiani, Dino Scanavino; Confagricoltura, Massimiliano Giansanti e Copagri, Franco Verrascina. Il manifesto individua cinque obiettivi di intervento, affrontando le politiche e strumenti per la crescita, il lavoro, gli investimenti, il rapporto tra imprese e istituzioni, il ruolo dei corpi intermedi, e fornendo per ciascun target valutazioni ed indicazioni,
Agci, Confcooperative e Legacoop compongono l’Alleanza delle Cooperative Italiane, che con 39.500 cooperative e imprese controllate rappresenta il 93% della cooperazione italiana in termini di fatturato (150 miliardi di euro) e l’85% in termini di occupati (1.150.000). Oltre 12.000.000 i soci rappresentati. La cooperazione italiana incide sul PIL per l’8%.

Giovanni Basciano 0678“Il Manifesto della buona impresa è un’iniziativa importante, che dimostra che i cosiddetti corpi intermedi nonostante le difficoltà del paese non sono affatto in crisi, hanno una immagine chiara e precisa del sistema paese e sono pertanto in grado di indicare nei cinque punti del documento le necessità e gli obiettivi a breve del mondo produttivo italiano”. Lo dice Giovanni Basciano, vicepresidente nazionale Agci Agrital. “Ora sta alla politica fare proprie queste indicazioni, permettendo così al mondo delle imprese di raggiungere l’obiettivo di crescita del 2% proposto nel documento, attivando tutte le linee proposte dalle associazioni.”

 

Il manifesto della “Buona impresa”. Valori e proposte per l’economia italiana

Le straordinarie trasformazioni della nostra epoca sono diventate sempre più evidenti durante il decennio della grande crisi. Rivoluzione tecnologica, crisi e globalizzazione ci consegnano un mondo in cui le fratture tra ricchezza e povertà, tra generazioni presenti e future, tra paesi avanzati e “sud globale” si allargano invece di rimarginarsi, in cui l’ampliarsi delle diseguaglianze frena un possibile sviluppo inclusivo e sostenibile sul piano economico, ambientale e sociale.
La guerra commerciale in atto è solo l’ultimo esempio di una politica che sta tornando a una dimensione regressiva e conflittuale di autodifesa delle produzioni nazionali. Il rallentamento dell’economia europea e, in particolare, della locomotiva tedesca sta incidendo anche sullo stato di salute della nostra economia. In questo scenario le imprese non possono stare a guardare.
Cambiare l’Italia, modernizzarla, renderla un Paese dinamico è più che mai una priorità. Per riprendere a crescere non abbiamo bisogno solo di essere più competitivi, abbiamo bisogno di impegnarci tutti in una trasformazione radicale del nostro sistema Paese. Per cambiare il Paese c’è bisogno di imprese consapevoli, attive nel confronto produttivo e impegnate nelle sfide poste dalla contemporaneità e dal futuro prossimo. Imprese che, a prescindere dal fatto che siano grandi o piccole, di capitale o cooperative, locali o internazionali, intendono impegnarsi per cambiare l’Italia. Imprese che si sentono in prima linea sul fronte della sostenibilità, sociale e ambientale, e, a partire da quest’ultima, vogliono perseguire tenacemente la sostenibilità delle produzioni, la riduzione delle emissioni e lo sviluppo dell’economia circolare. Imprese che vogliono investire nell’innovazione e nel lavoro, nel buon lavoro, mettendo al centro la formazione, il benessere delle persone, la parità di genere, l’apertura ai giovani e ai talenti, l’investimento sul welfare e su servizi che agevolano la conciliazione tra lavoro e vita delle persone. Imprese che sostengono la realizzazione di infrastrutture grandi e piccole (logistiche, tecnologiche e sociali), per dare fondamenta alla nostra economia e alla qualità della vita nelle nostre comunità. Imprese che aspirano a modernizzare il modello imprenditoriale, rafforzandone il pluralismo, il dinamismo, le spinte alla legalità. Un modello orientato sempre più ai giovani, alla sostenibilità, all’innovazione, alla relazione consapevole con le comunità, i territori, la società nel suo complesso. È la “buona impresa” il soggetto economico che in termini culturali e sociali può contribuire a correggere le deformazioni dell’economia attuale e a imboccare la strada maestra di uno sviluppo sostenibile.
Noi siamo pronti a fare la nostra parte, sapendo che una nuova stagione di crescita economica non può essere disgiunta dalla volontà e dalla necessità di affrontare i grandi nodi della crescita consapevole, sostenibile, innovativa, digitale, equa, anti-diseguaglianze e generativa di comunità solide e solidali.

 

CINQUE TARGET PER L’ITALIA


 Primo obiettivo: crescita sostenibile
1.Raggiungere un livello di crescita pari al 2% annuo alla fine del prossimo triennio.
1.2. Promuovere la crescita attraverso tutte le politiche pubbliche per: lavoro dignitoso nel rispetto dei CCNL stipulati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative e comparativamente più rappresentative su scala nazionale; innovazione tecnologica, digitale e sociale per le imprese; riduzione delle disuguaglianze e della povertà; parità di genere; agricoltura sostenibile, produzioni e consumi green; istituzioni di qualità, che implicano legalità, semplificazione amministrativa, sussidiarietà dentro un quadro nazionale unitario di coesione.

Secondo obiettivo: più lavoro, più equità sociale, più consumi
2.1. Ridurre il carico fiscale su imprese e lavoro, in un Paese che ha il cuneo fiscale e una pressione fiscale sui fattori della produzione tra i più alti al mondo, e garantire certezza, semplicità e stabilità delle norme per non minare il clima di fiducia necessario per gli investimenti delle famiglie e delle imprese.
2.2. Lanciare un grande piano di inclusione dei giovani nel mondo del lavoro, basato su un riordino e rilancio delle politiche di incentivazione dell’imprenditorialità giovanile e su meccanismi di totale decontribuzione e detassazione per sostenere l’occupazione giovanile a tempo indeterminato.
2.3. Investire in maniera strutturale e continuativa su scuola, università, formazione permanente, politiche attive e riqualificazione dei lavoratori, rafforzare l’alternanza scuola-lavoro, la filiera dell’apprendistato e di tutti gli strumenti formativi di ingresso nel mercato del lavoro.

Terzo obiettivo: investimenti sul futuro
3.1. Lanciare ungrande piano di investimenti ininfrastrutture, materiali e immateriali, dando priorità alle opere già programmate e finanziate. Sostenere un piano europeo di infrastrutture di rilevanza transnazionale da finanziare anche attraverso l’emissione di strumenti finanziari europei.
3.2. ostenere gli investimenti inricerca einnovazione, in grado di generare competitività e nuova armonia sociale, di creare dinamismo economico e reticolarità comunitaria.
3.3. Favorire la transizione ecologica del sistema imprenditoriale italiano. Le prospettive dell’economia circolare, la produzione di energie rinnovabili e le iniziative di efficienza energetica rappresentano spazi di innovazione economica e sociale enormi per il Paese. La transizione va accompagnata con gradualità puntando su strumenti premiali, su regole chiare e stabili, su un sistema di impianti adeguato a realizzare gli obiettivi e sulla creazione di una cultura del riciclo e riuso diffusa tra i cittadini e le imprese.
3.4. Avviare un piano ambizioso di manutenzione attiva del territorio, che punti alla rigenerazione urbana e delle aree interne (dando vigore anche all’associazionismo imprenditoriale comunitario), alla lotta al dissesto idrogeologico e alla prevenzione sismica.
3.5. Investire nell’infrastrutturazione sociale, per tornare a considerare l’istruzione come il vero volano per la crescita economica endogena e il welfareun fattore di sviluppo e di competitività, come in tutte le economie avanzate.
3.6. Rilanciare gli investimenti pubblici nel Mezzogiorno, a sostegno del capitale umano, delle filiere in tutti i settori industriali, dell’innovazione, del turismo e della valorizzazione dei beni culturali, della moderna logistica e portualità, di nuove forme di attivazione economica e sociale delle comunità e di impresa sociale.

Quarto obiettivo: buona impresa, buone istituzioni
4.1.  Legalità, una condizione necessaria per rendere l’Italia attrattiva e competitiva a livello imprenditoriale, occorre immaginare un grande piano nazionale che veda le imprese partner dello Stato nella implementazione delle politiche per la legalità e il contrasto alle mafie.
4.2.  Definire unpatto tra imprese e istituzioni per recuperare fiducia reciproca che si basi sulla stabilità delle norme, sulla certezza del diritto, su sistemi sanzionatori equi, su controlli efficaci ed efficienti, su risposte in tempi rapidi, che eviti approcci esclusivamente punitivi, ma valorizzi la collaborazione e meccanismi premiali. Per questo serve una giustizia più rapida ed efficace che punti ad abbreviare i tempi dei processi e non ad allungare i termini di prescrizione e a una PA efficiente, moderna e vicina a cittadini e imprese.
4.3.  Al fine di dare forza al rilancio dello sviluppo sostenibile del Paese e per costruire un progetto di Paese più equo e coeso, è di grande valore e importanza l’impegno comune e complementare delle due grandi anime imprenditoriali del nostro paese, profit e non profit mutualistica e sociale.

Quinto obiettivo: ruolo e responsabilità dei corpi intermedi
5.1. La società, l’economia e il lavoro si trasformano e, conseguentemente, devono trasformarsi i sistemi di rappresentanza che permettono di raccordare istituzioni e cittadini attraverso i corpi intermedi e la sussidiarietà del terzo settore.
5.2. I corpi intermedi sono necessari per conseguire gli interessi del Paese e dei soggetti rappresentati. Occorre, però, riconoscerne il ruolo e chiarirne la legittimazione. Per questo è opportuna una legge sulla rappresentanza al fine di individuare il contratto collettivo nazionale di lavoro stipulato dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative, in attuazione del principio contenuto nell’articolo 39 della Costituzione.
5.3 In questo contesto evolutivo, assieme al completamento della riforma del terzo settore, occorre valorizzare il ruolo dei corpi intermedi, anche attraverso il costante confronto tra le parti sociali e pubbliche fino alla progettazione di misure di intervento e verifica condivisa dei risultati raggiunti, da replicare nei piani strategici di sviluppo fino all’uso dei fondi innovativi europei.