Stefano Patuanelli Toni Scilla 62099

Critiche al ministro dagli assessori all’Agricoltura di 6 Regioni: «Niente giochetti: non si cambino in corsa le regole del gioco». L’appello all’Esecutivo: «Decida secondo equità, tutelando il Meridione da nuovi scippi».

Gli assessori regionali all’Agricoltura di Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Umbria (rispettivamente Francesco Fanelli, Gianluca Gallo, Nicola Caputo, Donato Pentassuglia, Toni Scilla e Roberto Morroni),  si rivolgono direttamente a Palazzo Chigi: «Il Governo Draghi decida secondo equità, evitando nuovi scippi che sarebbero deleteri per l’avvenire del motore agricolo dell’Italia».

I rappresentanti delle sei Regioni insistono sulla necessità - ormai diventata argomento di discussione a livello nazionale - di non mutare in corso d’opera le regole di riparto dei fondi europei per le politiche di sviluppo rurale. «Qualora ciò si verificasse, come alcune Regioni del Centronord vorrebbero, in ciò sostenute dal Ministero delle Politiche Agricole ma con la manifesta avversione del Mef e della Commissione Europea – dicono i 6 assessori – si realizzerebbe uno sfregio istituzionale e politico senza precedenti. Ben lo hanno compreso, a quanto pare, i tanti parlamentari che negli ultimi giorni, stando a quanto riportato dai media, sarebbero stati protagonisti di un aspro confronto col ministro Patuanelli, che pur di difendere la linea oltranzista sarebbe arrivato a minacciare le dimissioni. Noi non ci auguriamo ciò, ma auspichiamo ovviamente un ripensamento, serio e sereno e soprattutto giusto».

Michele Cappadona “L’intento del Cinquestelle ministro all’Agricoltura Patuanelli è pericolosamente sintomatico. Ma è solo l’ennesima, più recente manifestazione di come viene spudoratamente applicato il dirottamento di risorse europee specificamente destinate al Sud d’Italia, e alla Sicilia in particolare, per ridistribuirle tra le Regioni del Nord”, commenta Michele Cappadona, presidente dell'Associazione Generale delle Cooperative Italiane, AGCI Sicilia.  “Si conferma la politica a trazione Nordista di sempre, di cui si avvantaggiano le regioni più ricche che negli anni hanno ricevuto nettamente più risorse UE, come dimostrano in Agricoltura i finanziamenti del primo pilastro. E com’è già delineato nel PNRR. È stata addirittura spacciata come una vittoria avere indicato una destinazione del 40% delle risorse del Recovery Plan italiano al Mezzogiorno. È evidente invece, anche in ragione dei parametri di ripartizione stabiliti dalla UE, che la proporzione adeguata a perseguire il principio della Coesione e colmare l’enorme divario infrastrutturale e ogni altra condizione di storico svantaggio economico e sociale del Sud è almeno del 60-70%”.

Le sei Regioni vanno avanti, dunque sulla strada del dialogo, ma con fermezza. «Patuanelli non faccia il furbo. Non accetteremo mai colpi di mano tesi a cancellare la fase transitoria del biennio 2021-2022: ciò si tradurrebbe in una penalizzazione mortificante per regioni già svantaggiate che, paradossalmente, sarebbero private proprio dei fondi destinati a garantire il riequilibrio strutturale, a tutto vantaggio di zone già di per sé meglio attrezzate», sottolineano Fanelli, Gallo, Caputo, Pentassuglia, Scilla e Morroni. «Tuttavia, a chi ci ha chiuso porte in faccia – aggiungono - confermiamo d’essere pronti, oggi come ieri, ad un confronto che riparta tenendo in massima considerazione un’analisi globale della totalità dei fondi Pac, I e II pilastro, senza trascurare le tematiche legate alla quota di cofinanziamento ed al Regolamento UE 2020/2220, che ha prorogato per il 2021 ed il 2022 non solo i programmi di sviluppo rurale, ma anche l’attuale regime dei pagamenti del I pilastro della Pac. Inoltre, ribadiamo la disponibilità a ragionare su nuovi meccanismi a partire dal 2023».

Da qui l’appello al Governo Draghi: «L’unità nazionale ed i principi di equità e giustizia sociale non devono restare le belle parole di tanti manifesti politici e programmatici: adesso c’è l’occasione di dar loro concretezza. L’Esecutivo ascolti le nostre ragioni e tuteli territori che, da soli, rappresentano il 60% delle superfici del Psr. Rinnoviamo la proposta di insediare un tavolo tecnico cui demandare la definizione della questione, entro 60 giorni, con l’individuazione di criteri coerenti allo spirito ed alle finalità del Psr. Siamo pronti a fare la nostra parte e ci auguriamo che altrettanto facciano, apertamente, tutti i parlamentari di ogni estrazione politica che condividono la tesi del buon senso. Non bastano più attestati di stima e solidarietà: servono impegno e responsabilità per raggiungere un obiettivo utile al Paese intero».