Michele Cappadona 2017 orizzontaleL’approvazione del Piano regionale dei servizi socio-sanitari, ufficializzato mediante la pubblicazione del testo definitivo in GURS, scatena non poche preoccupazioni nei lavoratori delle “Comunità Alloggio”, strutture residenziali psichiatriche per un massimo di dieci utenti: bersaglio del fuoco amico delle istituzioni, rischiano di restare travolti dai tagli previsti dal riassetto del settore socio-sanitario.
In pochi, forse, sapranno che le mie prime esperienze nel mondo della cooperazione le ho vissute proprio nell’ambito del sociale. Ricordo l’aria di freschezza che portò la L.R. 22/86, il cui carattere di innovatività anticipò di quindici anni quella che divenne poi la Legge 328/2000. Erano tempi diversi, certo, e diversa era la sensibilità  e la competenza di funzionari dell’amministrazione regionale del calibro di Franco Fazio, dell’allora Assessorato agli Enti Locali. Oggi, con l’approvazione del testo definitivo del Piano dei Servizi Socio-Sanitari, ufficializzato tramite la pubblicazione nella GURS n. 32 del 4 agosto scorso, c’è grande fermento per un “atto politico voluto”, ha dichiarato alla stampa l’Assessore Gucciardi, che con grande senso di responsabilità da parte di tutta la politica regionale ha richiesto una elaborazione di dieci anni.
Ma, se l’obiettivo del Piano dei Servizi Socio-Sanitari è la creazione di un sistema integrato ed efficiente di servizi, con un occhio al contenimento della spesa pubblica, al punto 6.3 del citato Piano si ammette, pur candidamente, che sono stati privilegiati servizi più costosi e meno efficaci in danno delle Comunità Alloggio che, si legge, “stanno oggi attraversando una fase critica” riconducibile secondo i suoi stessi estensori ad una scarsa integrazione tra enti territoriali, quali le aziende sanitarie provinciali e, ad esempio, enti locali quali i Comuni.

Abbraccialo per me, di Vittorio Sindoni
Immagine tratta dal film "Abbraccialo per me", di Vittorio Sindoni

La reazione a questa ammissione di colpa è, però, tragicomica, oltre che paradossale: come riqualificare questo tipo di strutture? La risposta si trova tra i requisiti organizzativi delle strutture residenziali psichiatriche per un massimo di dieci utenti, al punto 7.1 del Piano: ridurre il numero degli operatori socio-assistenziali ed eliminare gli assistenti di base non qualificati, gli ausiliari e gli animatori che in molti casi sono gli stessi soci lavoratori delle cooperative sociali impegnate da decenni nell’erogazione di questi servizi. Peccato, però, che a questi tagli seguirà nelle Comunità Alloggio l’introduzione di figure specializzate, quali psicologi e tecnici della riabilitazione, che dovranno essere ricercate ed assunte dalle cooperative sociali. Se fino ad oggi, infatti, queste figure professionali venivano inviate dalle ASP a seconda delle necessità del singolo paziente e dietro richiesta dei medici psichiatri referenti delle Strutture residenziali psichiatriche, l’aumento dei costi di gestione che le cooperative sociali saranno chiamate a sostenere non può che riflettersi in un conseguente aumento dei costi finali per l’utente. Conti alla mano, si passerà da un costo medio di 2.300 euro relativo alla retta mensile riferita ad un singolo paziente, ad un costo che sfiora i 4.000 euro. Si passerà, dunque, da una spesa che passa dagli attuali, mai sufficienti, 15 milioni di euro ad un impegno di spesa di circa 105 milioni per le rette di mantenimento di oltre 2.200 utenti disabili psichici all’interno delle Comunità Alloggio, esclusi gli utenti privati: un contenimento della spesa pubblica che costa sette volte di più. Ma è aria fritta, perché tanto manca la copertura finanziaria. Secondo il parere di tanti osservatori, compreso il sottoscritto, la direzione intrapresa rischia da un lato di azzerare ogni ambizione di contenimento della spesa pubblica, dall’altro di tagliare fuori da questi servizi quell’utenza privata che paga di tasca propria le rette di mantenimento.
E tutto questo sta avvenendo senza la benché minima garanzia di un miglioramento dei servizi socio-sanitari rispetto agli attuali standard. Anzi, escludendo un ritorno all’uso dell’elettroshock, questo processo di “ospedalizzazione” delle Comunità Alloggio non soltanto riporta l’assistenza residenziale psichiatrica indietro di quarant’anni a prima della Legge Basaglia, ma snatura l’originaria vocazione “familiare” di queste strutture, nelle quali la riabilitazione si impernia su tre importanti aspetti della quotidianità: abitare, lavorare, socializzare.
Questo solo per limitare la questione a poche criticità. Analizzare puntualmente l’intero Piano richiederebbe la stesura di un trattato enciclopedico, ma noi di AGCI già nello scorso mese di marzo avevamo rappresentato le nostre perplessità sugli standard strutturali ed organizzativi e le preoccupazioni di migliaia di lavoratori del privato sociale, inviando una lettera al Governatore Crocetta, ai Dirigenti ed ai Titolari degli Assessorati regionali della Salute e della Famiglia, all’Assessore all’Economia, alla VI Commissione  dell’Assemblea Regionale Siciliana competente per materia e a tutti i componenti dell’A.R.S.
Sono in bilico oltre mille posti di lavoro e una guerra tra poveri rischia di deflagrare nell’indifferenza generale: pare, infatti, che i lavoratori delle cooperative sociali dovranno continuare a subire le vessazioni di un sistema politico-istituzionale che prima li ha resi schiavi economici a causa dei continui e spaventosi ritardi accumulati dalle pubbliche amministrazioni nell’onorare i propri debiti verso le imprese; successivamente tenta di estrometterli dal proprio posto di lavoro, costringendo le cooperative a licenziarli per fare spazio a figure professionali già in forza alle ASP, ma che la Regione non vuole più rendere disponibili. Davvero, dopo oltre venti anni di esperienza acquisita, questi lavoratori meritano un trattamento del genere?
Davanti al rischio di una catastrofe occupazionale, e dal confronto con le altre associazioni, è nostra intenzione impugnare nelle sedi opportune questo Piano Socio-Sanitario che, nonostante i dieci anni di elaborazione, sembra ancora presentare esiti connaturati dal carattere dell’urgenza, dell’improvvisazione, da parte di funzionari che poco o nulla conoscono del mondo della disabilità. Non per questo, però, voglio abbandonare la speranza che ci possa essere spazio per la concertazione e per il confronto pacifico, affinché questo riassetto del sistema socio-sanitario mantenga la condivisibile premessa di costituire un’opportunità di cambiamento prima di trasformarsi nell’ennesima lotta alla sopravvivenza.