La “concentrazione degli enti finanziari siciliani” è all’esame domani in Commissione Bilancio tra gli emendamenti del ddl Collegato alla Finanziaria, la cui discussione è prevista il 9 maggio all’Ars. “L’assessore all’Economia Gaetano Armao ha riformulato il progetto di riorganizzazione dei tre istituti di credito di proprietà della Regione”, spiega Michele Cappadona, presidente dell’AGCI Sicilia. “I due enti per il credito agevolato rispettivamente di cooperative e artigiani, Ircac e Crias, secondo il nuovo testo saranno fusi tra loro e non accorpati con l’Irfis. In accordo con quanto auspicato dal mondo della cooperazione (e dai rappresentanti delle imprese artigiane), la riorganizzazione del credito non dovrà avvenire più quindi ‘nelle more della costituzione di un organismo unitario’, mantenendo al contrario la garanzia che il credito agevolato venga gestito da un istituto distinto e separato dal futuro super-Irfis. Ci auguriamo che questo nostro auspicio di modifica del testo del ddl, a tutela del tessuto delle tantissime piccole imprese siciliane sottocapitalizzate”, conclude Cappadona, “oltre che in Seconda Commissione, venga accolto, condiviso e approvato dal voto dell’Assemblea Regionale Siciliana”.

L’Alleanza delle cooperative italiane replica a Maiolini: "Ircac e Crias non sono assimilabili alle banche e non gravano sul bilancio regionale, Musumeci approfondisca e guardi alle piccole imprese"

In una recentissima intervista alla stampa, Francesco Maiolini, già presidente dell’Irfis e ora direttore di Banca Igea, ha commentato il progetto di riorganizzazione degli istituti di credito di proprietà della Regione Siciliana, affermando, tra l’altro: “Il problema è sempre stato uno e uno solo: la politica. Purtroppo quando la politica si è avvicinata a finanziarie e banche i risultati sono sempre stati estremamente negativi, perché le logiche della politica sono antitetiche rispetto alle logiche di una conduzione sana di impresa”. E in merito a Irfis, Ircac e Crias: “La verità è che se guardassimo le cose dall’alto ci chiederemmo: ma la Sicilia può sostenere una finanziaria? Con difficoltà. Tre? Assolutamente no”.

Michele Cappadona Gaetano Mancini Franco Piro IRCAC

I tre presidenti siciliani delle centrali dell'Alleanza delle Cooperative Italiane, Michele Cappadona (Agci), Gaetano Mancini (Confcooperative) e Pietro Piro (Legacoop), in un comunicato congiunto si dichiarono assai critici nei confronti delle dichiarazioni di Maiolini.

"La posizione di Maiolini su Irfis, Ircac e Crias è debole, approssimativa e demagogica. E quindi sospetta. Non tanto e non solo per il facile richiamo strappa applausi alla politica che non deve immischiarsi, ma soprattutto perché Maiolini parla in maniera generica di “tre società finanziarie regionali”, così accomunando l’Irfis all’Ircac e alla Crias, come fossero dei duplicati, lasciando intendere di non sapere che si tratta di realtà totalmente differenti e con finalità tra loro non conciliabili. Ircac e Crias non sono infatti né banche ne finanziarie, sono enti economici di diritto pubblico che si occupano di credito agevolato, una tipologia di finanziamento che una banca o una finanziaria non potrebbe mai erogare nella maniera nella quale lo fanno Ircac e Crias. Vanno insomma incontro ad esigenze che gli istituti di credito non possono soddisfare e a condizioni più competitive. Lo stesso finanziamento ha ad esempio un costo ben differente se erogato dall’Ircac o dall’Irfis, e significativamente più alto nel secondo caso. Per fare un esempio un finanziamento di 100.000 euro alla fine del periodo di rimborso sarà costato poco più di 110.000 se concesso dall’Ircac e circa 178.000 se concesso dall’Irfis. Può spiegarci Maiolini, come potrebbe mai rispondere il tanto decantato super Irfis, soggetto finanziario sottoposto alle regole di Basilea, alle esigenze di tante, tantissime, piccole imprese siciliane? E ancora: perché si continua a parlare di poltrone nei consigli di amministrazione e di relativi costi da abbattere quando si sa perfettamente che per questi incarichi non ci sono compensi? Perché si continua a parlare di inefficienze quando si sa benissimo che il credito concesso da IRCAC, per le proprie finalità istituzionali, escludendo cioè le sofferenze prodotte dalle leggi speciali emanate dalla Regione e da essa stessa gestite, ha un tasso di sofferenza più basso del sistema bancario, pur in assenza del controllo della Banca d’Italia? Perché si continua a parlare di sostenibilità se si sa perfettamente che l’Ircac, al pari della Crias, non pesa per un solo euro sul bilancio della Regione ma si sostiene attraverso le proprie attività?

Ecco perché non condividiamo il modo con il quale si affrontano questi argomenti, guardando in superficie e senza neanche mettere a fuoco. Ne comprendiamo i motivi che giustificano l’insistenza con la quale Maiolini torna su questo argomento, come testimoniano gli articoli di stampa di questi anni, cioè ben prima delle elezioni regionali che hanno dato vita al Governo Musumeci che ha sposato questa tesi di aggregare IRCAC, IRFIS e CRIAS.

Noi allora chiediamo al Governo Musumeci di non preferire le ragioni della finanza a quelle di quelle tante piccole imprese siciliane che ogni giorno si rimboccano le maniche e con il proprio sudore vanno avanti nonostante le tante difficoltà. Chiediamo di non anteporre alle loro ragioni quelle del mondo finanziario e bancario. E ribadiamo l’invito a desistere da questo progetto in assenza di un condiviso e indispensabile approfondimento tecnico e giuridico. Perché con la fretta, indipendentemente dalle ragioni che la motivano, si rischia di danneggiare sul serio un pezzo significativo dell’economia regionale, fatta da artigiani e cooperative che si sbracciano ogni giorno per resistere e mantenere i livelli occupazionali anche nelle fasi di crisi, quelle nelle quali altre imprese chiudono, licenziando i lavoratori, in attesa di tempi migliori che garantiscano le loro attività lucrative. Noi invitiamo il Governo Musumeci a volgere lo sguardo su quelle piccole imprese artigiane e cooperative ed a sostenerle nei loro percorsi di crescita piuttosto che togliere loro le poche opportunità fino ad oggi rese disponibili. Senza definirle lobby, come pure è stato fatto. Perché fa sorridere, o forse meglio lascia sbigottiti, sentire parlare, come è successo, di 'lobby di artigiani e cooperative che contrasterebbero i progetti di riforma', proprio quelli che adesso scopriamo essere tanto cari al sistema bancario e della grande impresa".