Renato Schifani, presidente della Regione Siciliana

Cappadona: «Sanare l’anomalia delle procedure regionali del settore della cooperazione difformi dal resto d’Italia, e del mancato rispetto del ruolo paritario delle sei centrali cooperative riconosciute per decreto ministeriale, ai sensi del dlgs 220/2002».

La doverosa revoca disposta in autotutela della nomina di Gaetano Mancini come amministratore IRCA, l’istituto regionale di credito alle imprese cooperative e artigiane, e la necessità di individuare da parte delle sei centrali cooperative legittimate un nuovo nominativo - ha scritto AGCI Sicilia in una nota al Governo regionale -, è un’importante occasione per intervenire su una serie di annose criticità irrisolte riguardanti il mondo della cooperazione in Sicilia, ripristinando un clima di leale collaborazione istituzionale, nella corretta applicazione dei principi e delle norme.

Nella delibera di revoca della nomina, si riporta genericamente che l’AGCI “ha rilevato presunti profili di nullità” ma omettendo di dire quali. Leggendo la motivazione sembrerebbe quasi che l’illegittimità contestata si limitasse al non avere garantito l'equilibrio di genere nella composizione del Cda. Al di là del sesso e della parità di genere, AGCI Sicilia ha segnalato invece diversi evidenti e specifici motivi di incompatibilità di Gaetano Mancini, in atto presidente di Confcooperative e amministratore di altre cooperative, il quale riveste ruoli in situazione di conflitto con quello di componente del Consiglio di amministrazione, che delibera sulla concessione di agevolazioni in favore delle imprese richiedenti.

Michele Cappadona, presidente AGCI Sicilia«La vicenda che da anni vede impedita la nomina dell’amministratore indicato dalle sei centrali legittimate è emblematica di un’anomalia tutta siciliana - dichiara Michele Cappadona, presidente dell’associazione Generale delle Cooperative Italiane-AGCI Sicilia -. Abbiamo infatti assistito in questi anni ad un ripetuta modifica delle norme per disegnare una composizione del cda IRCA inspiegabilmente difforme rispetto a quella determinata dalle disposizioni vigenti fuori della Sicilia. La legge regionale 4 marzo 2021, ha stabilito addirittura che per la designazione dei membri del Cda IRCA non si applicano le disposizioni del dlgs n. 419/1999 che escludono la nomina di rappresentanti di organizzazioni imprenditoriali e sindacali e di altri enti esponenziali.
AGCI Sicilia ha espresso da subito doverosa preoccupazione, inviando anche una nota in merito agli allora presidenti della Regione e dell’ARS e agli assessori all’Economia e Attività produttive».

«Onorare il principio che il rappresentante di uno specifica associazione di categoria non può amministrare direttamente la concessione di finanziamenti, violando la terzietà ed imparzialità potenziale rispetto alle altre organizzazioni imprenditoriali - spiega il presidente Cappadona -, non è un’invenzione di AGCI ma il precetto di una legge dello Stato che viene disapplicata ad hoc per l’IRCA, consolidando ciò che politicamente definiamo un “Caso Sicilia” e ponendo l’interrogativo sulla motivazione.
Un “Caso Sicilia” aggravato dalla nomina di un soggetto segnalato essere in posizione di incompatibilità e inconferibilità per palese conflitto di interessi, nonostante abbia autocertificato il contrario.
Un “Caso Sicilia”, unica Regione italiana dove si è voluto costruire negli anni un impianto normativo anomalo, che ha sostituito il ruolo paritario delle sei centrali cooperative legittimate per decreto ministeriale, emanato ai sensi del dlgs 220/2002, che stabilisce precisi requisiti nel numero in migliaia di aderenti e nella presenza territoriale per il riconoscimento dell’autorevole rappresentanza di categoria.
Un “Caso Sicilia”, dove viene adottato come parametro anomalo un “indice di rappresentatività” attribuito alla singola centrale cooperativa, utilizzato per l’attribuzione di incarichi e sostegni economici che consolidano da decenni le stesse posizioni dominanti, e dove i procedimenti che riguardano il settore vengono condotti da burocrazia e politica con criteri diversi da quelli analoghi applicati dal resto d’Italia».

«Mentre come presidente di AGCI Sicilia - continua Cappadona - ho doverosamente consegnato all’assessore alle Attività produttive un report in cui si illustrano una serie di precise e gravi criticità da troppi anni irrisolte nel settore della cooperazione, si ricava l’impressione che piuttosto di perseguire una tempestiva e leale collaborazione nell’affrontare i tanti problemi di settore segnalati, insieme a chi a livello nazionale è pienamente riconosciuta come associazione di rappresentanza, si impegnino tempo ed energie ad assecondare invece chi pone incessantemente la priorità di attestare che tra le sei centrali cooperative siciliane qualcuna debba avere una posizione più rilevante. Questo ostinato atteggiamento logora, ostacola e paralizza il confronto tra governo regionale e le istanze di tutela delle imprese».

«Si auspica pertanto l’inizio di un nuovo percorso che miri al ripristino del ruolo paritario di interlocuzione con tutte e sei le centrali cooperative legittimate ai sensi del dlgs 220/2002 - conclude Cappadona -, inaugurando finalmente quel clima di leale collaborazione indispensabile per risolvere le anomalie del “Caso Sicilia”, le varie problematiche segnalate, annose e critiche, che persistono per sterile protagonismo, cronico ritardo burocratico e palesi inadempienze, da noi ripetutamente evidenziate e tuttora irrisolte».