giorgia meloni

Un numero elevatissimo di cittadini e imprese rischia di non riuscire a pagare la seconda rata della rottamazione quater. L’unica possibilità di diminuire l’importo in scadenza è in atto quello di escludere alcune cartelle dalla definizione già comunicata. Cappadona: «Riaprire i termini, ripristinare a richiesta il pagamento fino a 10 anni previsto per legge».

Per i contribuenti in difficoltà, che hanno già pagato il mese scorso la prima rata pari al 10% ma non sono in grado di pagare la seconda rata del 10% entro il 5 dicembre c’è una soluzione di compromesso per salvare la rottamazione, che consiste nella possibilità di mantenere in essere la definizione solo per quelle cartelle in relazione alle quali si riesce a pagare le relative rate.
Sul sito Ader è possibile ricorrere al servizio ContiTu per modificare il piano di pagamento. Per ciascuna “Comunicazione delle somme dovute”, è possibile modificare il piano dei pagamenti, escludendo le cartelle che non si intendono più pagare. Compilato il form di accesso, comparirà l’elenco delle cartelle presenti nella comunicazione e per quelle selezionate verrà visualizzato l'importo complessivo da pagare e quello relativo alle singole rate. Completata la procedura di modifica, si potranno scaricare i nuovi moduli di pagamento aggiornati (da ricevere anche via e-mail) e il piano di pagamento procederà secondo il numero di rate indicato in fase di domanda.

Si ricorda che la “Rottamazione quater” prevede una dilazione in 18 rate in un periodo di 50 mesi (dal 31 ottobre 2023 al 30 novembre 2027, cioè 4 anni e 2 mesi), con le prime due rate (31 ottobre e 30 novembre 2023) di importo più alto, ciascuna pari al 10% del debito.

Michele Cappadona, presidente AGCI Sicilia«AGCI Sicilia non cessa di denunciare come un madornale e disastroso errore avere disapplicato le disposizioni sulla dilazione del pagamento stabilite dal DPR n. 602/1973», dichiara Michele Cappadona, presidente dell’Associazione Generale delle Cooperative Italiane. La legge finanziaria 2023 che ha previsto l’ultima rottamazione ha sospeso la possibilità, a richiesta del contribuente, di una rateazione in 72 rate mensili, elevabili a 120 “ove il debitore si trovi, per ragioni estranee alla propria responsabilità, in una comprovata e grave situazione di difficolta' legata alla congiuntura economica”; la facoltà da parte del debitore di “chiedere che il piano di rateazione preveda, in luogo di rate costanti, rate variabili di importo crescente per ciascun anno”; infine, la non decadenza del piano di dilazione fino al “caso di mancato pagamento, nel corso del periodo di rateazione, di otto rate, anche non consecutive”.

«La rottamazione non ha incredibilmente voluto tenere conto delle aziende, già in situazione di fragilità nel 2019, in ginocchio dopo oltre due anni di emergenza Covid e gli effetti della guerra in Ucraina. Per chi ha accumulato 200/400mila euro di debito - spiega Cappadona -, si tratta di pagare da 20mila a 40mila euro per due mesi di seguito.

La soluzione di "salvare parzialmente la rottamazione" già richiesta, escludendo con il servizio ContiTu alcune cartelle dal piano di pagamento, è mortificante e inconcludente per le imprese il cui obiettivo è rientrare nella correttezza e regolarità della propria posizione, dovendo per potere svolgere l'attività disporre del DURC: escludere cartelle non risolve il problema. È evidente che chi ha pagato la prima rata e non può pagare la seconda ha dimostrato la sua buona volontà e dovrebbe essere riammesso al pagamento. AGCI Sicilia ritiene che tutti coloro che hanno fatto richiesta di rottamazione ma non sono riusciti a pagare le prime rate, perché troppo elevate, dovrebbero essere riammessi, sottolineando la premessa che la rottamazione come strumento di pace fiscale dovrebbe mantenere le norme che già consentono un pagamento del debito in 10 anni.

Da sempre AGCI Sicilia si batte per il diritto delle aziende che si trovano in debito col fisco per ragioni estranee alla propria volontà, di potere regolarizzare un carico esattoriale pregresso insostenibile, specialmente se si trovano in stato di difficoltà economica anche per il ritardo dei pagamenti da parte della pubblica amministrazione. Troviamo intollerabile che in caso di dissesto, le cifre dovute da parte dei Comuni alle imprese fornitrici possono essere decurtate fino ad una somma variabile tra il 40 ed il 60 per cento dell’intero debito, per giunta da corrispondere a molti anni di distanza.

Non possiamo non manifestare allarme per la politica economica del Governo Meloni nei confronti delle risorse da destinare alle amministrazioni comunali dissanguate di cui tantissime sempre più a rischio di default, specialmente nel Meridione.
Nonostante la doverosa fiducia e le aspettative, in particolare per il rilancio dell’economia che doveva entusiasticamente accompagnare l’avvio del Pnrr, su cui continuano a verificarsi difficoltà attuative e ritardi, non riusciamo ancora a vedere quale sia il disegno, le strategie, le concrete immediate misure di sostegno alle imprese e di contrasto alla crisi.
Un forte richiamo alla concretezza per quanto riguarda la drammatica situazione della Sicilia - conclude Cappadona - dovrebbe provenire dal Governo Schifani, non solo per le risorse e gli investimenti da parte dello Stato che continuano a rimanere al di sotto delle aspettative e delle norme, ma anche per la mancata soluzione delle tante annose criticità nella macchina amministrativa regionale, la cui burocrazia opprime, rallenta ed è motivo di ostacolo per la crescita dell’Isola in ogni aspetto delle attività produttive».