In vigore dal 21 maggio scorso le norme attuative che disciplinano modalità di accesso al credito d'imposta per investimenti nella “ZES unica” del Mezzogiorno, istituita con il DL 124/2023, cosiddetto “Decreto Sud”. Dal 12 giugno al 12 luglio le richieste delle imprese all’Agenzia delle entrate. Disponibili 1.800 milioni di euro per il 2024.
Bonus Sud. Il credito d’imposta, commisurato alla quota ammissibile del costo complessivo (nel limite massimo di 100 milioni di euro per ciascun progetto di investimento) dei beni strumentali acquistati dal 1° gennaio 2024 e quello che si prevede di sostenere fino al 15 novembre 2024, può essere utilizzato in compensazione dei pagamenti di IVA, IMU, TARI, IRAP, IRES, IRPEF, contributi previdenziali.
Possono accedere alle agevolazioni tutte le imprese, in ogni forma giuridica. Non sono agevolabili i progetti di investimento il cui costo complessivo sia inferiore a 200.000 euro.
La misura del credito d’imposta per le grandi imprese è determinata dalla vigente “Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027” e va dal 15% fino al 50%. Per gli investimenti con costi ammissibili non superiori a 50 milioni di euro i massimali sono aumentati di dieci punti percentuali per le medie imprese e di venti punti percentuali per le piccole imprese.
Sono ammissibili gli investimenti relativi a nuovi macchinari, impianti e attrezzature destinati a strutture produttive già esistenti o che vengono impiantate nella ZES unica, nonché all'acquisto di terreni e all'acquisizione, alla realizzazione o all'ampliamento di immobili strumentali agli investimenti ed effettivamente utilizzati per l'esercizio dell'attività. Il costo per gli immobili ammessi all'agevolazione non può superare il cinquanta per cento del valore complessivo dell'investimento agevolato.
L’ammontare massimo del credito d'imposta fruibile sarà reso noto dall'Agenzia delle entrate entro dieci giorni dalla scadenza del termine di presentazione delle istanze. Nel caso in cui l'ammontare complessivo dei crediti d'imposta richiesti risulti inferiore al limite di spesa (1,8 miliardi di euro per il 2024) la percentuale sarà pari al cento per cento delle agevolazioni.
Nell’istanza va comunicata l'eventuale fruizione di altri aiuti di Stato e di aiuti de minimis in relazione ai medesimi costi ammissibili oggetto della comunicazione e va dichiarato che il relativo cumulo, consentito, non determina il superamento dell'aiuto economico più elevato stabilito dalla disciplina europea di riferimento.
«Continuiamo, a maggior ragione dopo la pubblicazione in Gazzetta lo scorso 21 maggio del decreto attuativo del Governo per il tax credit 2024, ad esprimere la nostra contrarietà nei confronti della modalità di organizzazione e gestione delle agevolazioni emanate per la Zona economica speciale per il Mezzogiorno, istituita con il DL 124/2023 (Decreto Sud) che al posto delle preesistenti Zes ha creato una “Zes unica” comprendente i territori delle otto regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna». È il commento di Michele Cappadona, presidente dell’Associazione Generale delle Cooperative Italiane-AGCI Sicilia. «La soglia minima di 200.000 euro imposta per ciascun investimento complessivo da sostenere dal 1° gennaio al 15 novembre 2024 discrimina e penalizza le microimprese. Questo aspetto risulta evidente se lo si raffronta con la precedente formula agevolativa, fino al 31 dicembre 2023, del “Bonus Sud” per gli investimenti delle imprese nel Mezzogiorno ex L. 208/2015, in cui non si prevedeva alcun limite minimo di soglia, consentendo l’accesso al bonus fiscale anche per piccole attività.
Non condividiamo in coerenza neanche il criterio di assegnazione dei “bonus assunzioni” previsti dagli articoli n. 22 (giovani under 35), 23 (donne), 24 (disoccupati over 35) del DL 60/2024 (Decreto Coesione), il cui disegno di legge di conversione è attualmente in discussione al Senato, perché riservato a imprese che abbiano già almeno 10 dipendenti, escludendo quindi per definizione le microimprese».
«È evidente la contraddizione logica e la disparità di trattamento tra Nord e Sud nelle politiche come l’autonomia differenziata e la Zes unica. Si applica il federalismo al Nord decentrando, mentre al contrario si centralizzano le competenze delle regioni meridionali. Esautorandole, invece che emanciparle dalle storiche criticità.
Le Zes, per definizione dovrebbero seguire un “modello specialistico”, che valorizzi la specialità di singoli territori. Il modello generalista diluisce invece di concentrare gli interventi, diminuendo il risultato di far sviluppare le filiere tipiche di un determinato territorio, rendendo minimo il rapporto causa-effetto di interventi agevolativi e obiettivi di crescita fortemente voluti a livello locale.
È un modello analogo a quello che deve governare anche le ZLS, le Zone logistiche semplificate di cui si è appena regolamentata l’istituzione con il DCPM n. 40 dello scorso 4 marzo.
Tornando alle Zes, la loro istituzione si basa sulla logica che le aree che attraggono investimenti sono in naturale concorrenza tra di loro. Gli investitori guardano a pochi ma fondamentali elementi: l’infrastrutturazione locale, nel senso che il territorio deve facilmente essere raggiunto via aereo, nave, auto e treno: che vi sia una cosiddetta “fiscalità di vantaggio”, cioè che gli utili siano detassati o tassati in modo contenuto e che il costo del lavoro sia basso, anche con meccanismi di decontribuzione; che le procedure amministrative siano molto veloci; che l’attività produttiva non venga condizionata dalla presenza di criminalità, che deve quindi essere assente o ininfluente attraverso continuo controllo e forte contenimento. È evidente la difficoltà di mantenere costantemente e in maniera omogenea tutte queste condizioni (pensiamo solo al controllo della criminalità) sull’intero territorio di otto Regioni, il 40% di quello nazionale.
In ogni caso - continua Cappadona - AGCI Sicilia contrasta apertamente la logica dell’autonomia differenziata, che da una parte delega al massimo le competenze alle Regioni del Nord, dall’altra accentra i provvedimenti che riguardano le Regioni del Sud, una strategia politica plasticamente rappresentata dalla "Zes unica", che consente al governo nazionale di avere, appunto, una regia unica di controllo politico su risorse importantissime e vitali».
«La Sicilia e il Mezzogiorno sono stati storicamente devastati da una classe politica dominante estrattiva asservita, che ha costantemente recato degrado, ostacolando lo sviluppo economico. Eppure lo scorso aprile a Napoli, durante l’evento “Agenda Sud 2030 - Dove l’Europa incontra il Mediterraneo”, promossa da Fondazione Merita, Cassa depositi e Prestiti e Intesa San Paolo, Gian Maria Gros-Pietro, presidente cda Intesa San Paolo, ha affermato: «Il Mezzogiorno non è affatto il deserto industriale che talvolta viene falsamente dipinto: se fosse uno Stato sarebbe al 7° posto tra i Paesi manifatturieri d'Europa per numero di imprese, con una marcata concentrazione in settori chiave. Il tessuto produttivo del Mezzogiorno si sta irrobustendo: a fine 2023, le società di capitale attive erano oltre 408.000, circa il 30% del totale italiano. La grande impresa è presente con circa 60 realtà. Significativa anche la presenza di imprese innovative. Il Mediterraneo è un hub logistico ed energetico in un contesto geopolitico in continua evoluzione, come dimostrano le tensioni nel Mar Rosso: la sua centralità economica è destinata a crescere, perché è il crocevia di tre continenti, Asia, Africa ed Europa, che contengono la maggior parte della popolazione mondiale e una straordinaria ricchezza di civiltà e di culture.
I porti del Sud Italia, con le loro rotte di corto raggio, possono svolgere un ruolo chiave nel processo di reshoring. L'Energia è un settore di crescita nel Mezzogiorno, con circa il 40% delle energie pulite del Paese concentrate qui. Il Sud ha un potenziale significativo per lo sviluppo di Hub per l'idrogeno e può fungere da ponte tra l'Africa settentrionale e l'Europa nelle catene di fornitura energetica. Turismo e ambiente sono potenti fonti di profonda trasformazione per il Sud: il suo sviluppo ha bisogno di fattori trasversali quali la formazione, la sostenibilità, l'innovazione, la digitalizzazione e l'economia sociale. Servono investimenti, che non debbono avere come fonte solo il PNRR: devono trovare sostegno nella nuova politica di coesione e nella Zes
«Premesso che le risorse destinate all’intera Zes unica per il 2024, 1,8 miliardi di euro, sono visibilmente inadeguate alla missione assegnata - continua Michele Cappadona -, occorre mitigare il rischio di danno operativo che l’attuale centralizzazione con regia romana di controllo delle risorse in atto comporta.
Tra l’altro questa politica è in contraddizione con l’approccio bottom-up che vede protagonisti gli attori di sviluppo locale, promosso espressamente dalla UE e che promuove il modello partecipativo, la specificità dei territori sub-regionali e locali, la forte interazione e i partenariati tra amministrazione pubblica e privati.
Il saccheggio del Mezzogiorno è stato storicamente consentito, come più volte riporta l'economista prof. Pietro Busetta, dalla “bulimia di una classe dominante estrattiva regionale, pronta ad asservire ogni nuovo strumento alle proprie esigenze elettorali”.
Il fenomeno estrattivo non riguarda solo l’accaparramento delle materie prime di chi porta via tutto lasciandosi alle spalle scenari naturali e sociali apocalittici. Il danno collettivo di “prendere senza dare” da parte della classe politica è anche non curarsi di smaltire e invece sotterrare rifiuti tossici fino a inquinare le falde acquifere, non impedire il consumo del suolo, non prevenire il dissesto idrogeologico e non fare nulla per decenni per garantire l’approvvigionamento idrico minimo necessario per usi civici, agricoltura e industria. Il degrado del territorio va dalle periferie devastate delle città, alla siccità e agli incendi delle campagne, alle inondazioni e alle calamità che si accompagnano agli eventi naturali improvvisi e ai drastici cambiamenti climatici.
Non a caso i settori strategici oggetto della riforma della politica di coesione, appena individuati dall’art. 2 del DL 60/2024, riguardano “risorse idriche; infrastrutture per il rischio idrogeologico e la protezione dell'ambiente; rifiuti; trasporti e mobilita' sostenibile; energia; sostegno allo sviluppo e all'attrattività delle imprese, anche per le transizioni digitale e verde”.
Togliere risorse e competenze alle Regioni del Sud non sviluppate per assegnarle invece a quelle del Nord sviluppate è contrario alla logica, alla politica regionale comunitaria, alle norme costituzionali, alla solidarietà nazionale. La Sicilia è la piattaforma logistica naturale per il collegamento intermodale tra l’Europa e i Paesi del Mediterraneo africano ed asiatico. Può assolvere il ruolo di produrre enorme ricchezza per l’intero continente ma da sempre le risorse destinate alle necessarie infrastrutture locali sono state ostaggio della logica estrattiva del governo centrale e della classe politica locale di turno, incapace di vedere oltre le proprie finalità elettorali. Continuare a combattere contro il saccheggio delle risorse e il degrado del territorio, economico e sociale - conclude Cappadona - è la missione principale e il messaggio di solidarietà che l’Associazione Generale delle Cooperative Italiane non cesserà mai di perseguire e promuovere per il Sud e la Sicilia».