Michele Cappadona, vicepresidente nazionale vicario AGCI

«La Consulta ha naturalmente sottolineato non essere incostituzionale la possibilità di devolvere anche alle regioni ordinarie particolari competenze, così come è già per le regioni a statuto speciale - commenta Michele Cappadona - ma che questa pessima “legge Calderoli” contiene ben sette diversi profili di illegittimità. La Corte ha fornito, inoltre, la corretta interpretazione costituzionale di varie altre previsioni della legge n. 86/2024».

In attesa del deposito della sentenza, la Corte Costituzionale ha diffuso ieri una nota che riporta gli aspetti di rilievo più importanti.

«La Consulta ritiene che il testo della legge 86/2024 sull’autonomia differenziata presenta sette precisi profili di violazione dell’art. 116 della Costituzione e sottolinea che il riconoscimento alle regioni di forme particolari di autonomia è possibile solo nel rispetto dei principi dell’unità della Repubblica, della solidarietà tra le regioni, dell’eguaglianza e della garanzia dei diritti dei cittadini, dell’equilibrio di bilancio», osserva Michele Cappadona, presidente dell’Associazione Generale delle Cooperative Italiane-AGCI Sicilia.

«La distribuzione delle funzioni legislative e amministrative tra diversi livelli territoriali di governo secondo i Giudici non deve affatto corrispondere ad un’esigenza di riparto di potere tra diversi segmenti del sistema politico, ma avvenire in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti costituzionali. Viene espressamente richiamato che la distribuzione delle funzione tra Stato e regioni deve essere regolato secondo il principio di sussidiarietà garantito dall’art. 118 della Costituzione».
«Nel merito, continua Michele Cappadona - è stata rilevata l’incostituzionalità nella possibilità d’Intesa tra Stato (il governo) e la regione e nella successiva legge di differenziazione di competenze di materie e ambiti di materie, “laddove la Corte ritiene che la devoluzione debba riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative e debba essere giustificata, in relazione alla singola regione, alla luce del richiamato principio di sussidiarietà”. Ben tre profili incostituzionali diversi riguardano la possibilità, prevista dalla legge 86, che la determinazione e aggiornamento dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (LEP) venga decisa dal Governo e non dal Parlamento.
La quinta contestazione di incostituzionalità - osserva Cappadona - riguarda la facoltà di modifica con decreto interministeriale delle aliquote di compartecipazione erariale per finanziare le funzioni trasferite, in grado di scostamento tra fabbisogno di spesa e gettito, perché contraddittoriamente si potrebbero così premiare “proprio le regioni inefficienti, che – dopo aver ottenuto dallo Stato le risorse finalizzate all’esercizio delle funzioni trasferite – non sono in grado di assicurare con quelle risorse il compiuto adempimento delle stesse funzioni”.
Il sesto profilo di incostituzionalità riguarda la concessa “facoltà” e non piuttosto il “dovere” “, per le regioni destinatarie della devoluzione, del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, con conseguente indebolimento dei vincoli di solidarietà e unità della Repubblica”.
L’ultima bocciatura della Consulta - continua Cappadona - riguarda l’estensione della legge n. 86 del 2024 (e dunque dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione), alle regioni a statuto speciale, che invece, per ottenere maggiori forme di autonomia, possono già ricorrere alle procedure previste dai loro statuti speciali».

«La Corte Costituzionale è poi intervenuta precisando come devono essere correttamente interpretati alcuni passi della legge 86 poco chiari. La legge di differenziazione non deve essere riservata all’iniziativa legislativa unicamente del Governo, ed implicare il potere di emendamento delle Camere.
La possibilità di trasferire competenze di materie cosiddette no-LEP, per le quali cioè non è necessario predeterminare LEP, va intesa nel senso che, se il legislatore qualifica una materia come “no-LEP”, “i relativi trasferimenti non potranno riguardare funzioni che attengono a prestazioni concernenti i diritti civili e sociali”.
L’individuazione, all’interno del gettito erariale, delle risorse destinate alle funzioni trasferite - sottolinea Michele Cappadona - “dovrà avvenire non sulla base della spesa storica, bensì prendendo a riferimento costi e fabbisogni standard e criteri di efficienza”.
La clausola di invarianza finanziaria richiede infine che nell’individuazione delle relative risorse, si tenga conto “del quadro generale della finanza pubblica, degli andamenti del ciclo economico, del rispetto degli obblighi eurounitari.”

La Consulta, nel bocciare in sostanza tutti gli aspetti caratterizzanti di questa infelice e pericolosa “legge Calderoli” ha infine sottolineato che naturalmente la Corte resta competente a vagliare anche la costituzionalità delle singole leggi di differenziazione di ciascuna regione, “qualora venissero censurate con ricorso in via principale da altre regioni o in via incidentale”. Con sollievo, esprimiamo soddisfazione nel constatare che, tra i tanti messi in discussione nella legge 86, sia stato soprattutto tutelato il principio che l’Italia è una e solidale».

 Palazzo della Consulta, Roma

 La nota diffusa dalla Corte Costituzionale